Chiara Cacciani e Anna Federici

L’origine del progetto La valigia di Marco e Anna è racchiuso in una fotografia. Sfogliando un instant book creato a scopo benefico da Marco Federici – giornalista della Gazzetta di Parma prematuramente scomparso nel 2013 e testimone di tanti scenari di guerra ed emergenza – Chiara e Anna, moglie e figlia di Marco, hanno fermato il loro sguardo su una foto: l’immagine del presidente della Protezione Civile di Parma Luigi Iannaccone intento a giocare con dei bambini a sinalcoli, usando tappi di bottiglia, in una situazione di maxi emergenza in Abruzzo. Nel ricordo di Marco, Chiara e Anna hanno voluto quindi dar vita ad un progetto che potesse parlare del suo impegno donando, a chi presta aiuto in condizioni di forte disagio, giochi capaci di portare un sorriso e un po’ di normalità. Per sostenere il progetto è attivo un fondo omonimo gestito da MUNUS Fondazione di Comunità di Parma

 

Chiara, ci vuoi raccontare meglio cos’è esattamente la Valigia di Marco e Anna?

«Nel concreto è un bagaglio ludico dal contenuto personalizzato, vuole essere un supporto in situazioni collettive, in cui il gioco può aiutare ad affrontare difficoltà, cambiamenti ed emozioni nuove. Le abbiamo immaginate utili in tendopoli allestite dopo un sisma, ad esempio, nelle scuole in ospedale, in carcere, nei campi per rifugiati o in altre situazioni di disagio.»

 

E ricordi come avete fatto ad assemblare la prima?

«Abbiamo chiesto aiuto ai nostri famigliari e agli amici, domandando loro cosa ci avrebbero messo dentro. Fondamentale è stata la consulenza di Simone Serrao di Orso Ludo, da lui abbiamo preso tutti i giochi che abbiamo usato fino ad oggi.»

 

Quando avete fatto la prima consegna?

«In occasione dell’inaugurazione della nuova sede della protezione civile intitolata a Marco. Era presente un manager di Barilla che subito dopo ci ha chiesto di realizzarne altre dieci da destinare alle zone di guerra in Ucraina e così è iniziata la nostra avventura. Ci siamo trovate a pensare ad un contesto totalmente diverso, a selezionare giochi che si potessero fare anche senza elettricità, al buio, in rifugi.»

 

E c’è un gioco che è stato più apprezzato di altri?

«Le psicologhe che hanno lavorato con i profughi al confine con Polonia e Ungheria ma anche dopo l’alluvione in Romagna ci hanno riferito che è stato particolarmente utile il teatrino delle ombre, perché togliere la paura del buio e fa emergere le emozioni costruendo una storia.»

 

E in caso di calamità naturali quali scelte avete fatto?

 «Siamo partite dal considerare che si tratta di persone che hanno perso tutto, vivono in tendopoli e passano molto tempo all’aperto, perché le strutture temporanee sono opprimenti. In questo caso i giochi più indicati ci sono sembrati maxi tris fatti di corde che occupano poco spazio, ma possono coinvolgere tanti bambini in un parco, o giochi da tavolo per le giornate di brutto tempo.»

 

E per le scuole in ospedale invece?

«Per chi è in ospedale abbiamo fatto un ragionamento inverso. Per questione di salvaguardia della salute si tratta di piccoli che devono passare molto tempo al chiuso da soli o al massimo con un genitore. In questo caso abbiamo privilegiato giochi da interno e per pochi giocatori alla volta. L’accorgimento generale è quello di inserire sempre giochi che, anche nell’eventualità in cui se ne perda un pezzo, non diventino impraticabili, i puzzle ad esempio non li inseriamo mai. Per le scuole in ospedale mettiamo giochi che siano anche facilmente igienizzabili. Per il carcere stiamo attenti anche alle tematiche perchè sono tanti i giochi che parlano di gialli, omicidi, di guardia e ladri o hanno all’interno materiali che potrebbero essere valutati come potenzialmente pericolosi. Insomma, per ogni situazione occorre mettere in atto scelte ad hoc, ogni valigia è come un abito fatto su misura.»

 

Qual è la parte più emozionante?

«Per entrambe è il momento in cui le assembliamo, ci piace immaginare cosa potranno fare col materiale che riceveranno e ci chiediamo sempre se stiamo facendo le scelte giuste per il contesto. Vorremmo che la valigia fosse elastica perchè spesso dobbiamo fare delle rinunce e non è facile.»

 

E ci sono giochi che escludete a priori?

«Evitiamo quelli stereotipati, cerchiamo giochi senza connotazione di genere.»

 

Ci sono anche progetti che state portando avanti con le scuole di Parma?

«Sì, stiamo chiedendo agli studenti di inventare anche giochi che non esistono, in base anche ad esigenze che ci sono state comunicate. Ad esempio al carcere minorile di Bologna c’è un’insegnante che per far “digerire” la letteratura si è inventata un Gioco dell’oca letterario e sarebbe bello farglielo avere.

 

E a te Anna cosa ti sta dando questo progetto?

«La Valigia per me è importante perché, oltre a poter aiutare bambini e non solo bambini, mi dà un legame più stretto con il mio papà. Grazie a questo progetto ho incontrato tante persone, soprattutto della Protezione Civile, che mi hanno raccontato cose di lui, me lo stanno facendo conoscere meglio e ora lo sento più vicino. E poi mi piace riempirla: immaginare chi la aprirà, come userà quei giochi, se si divertirà e come userà la fantasia».

 

Prima di salutarci un’ultima domanda per Chiara: se dovessi dire quindi qual è l’effetto benefico del gioco?

«Il gioco è cooperativo, ha un alto potenziale relazionale, aiuta a gestire le emozioni, a tirarle fuori. Una cosa che mettiamo sempre in valigia sono gli Story Cubes in cui ogni faccia ha un’immagine, si lanciano i cubi e si inizia ad inventare delle storie e lì vengono fuori dei racconti pazzeschi. Attraverso le favole si riescono ad esprimere i desideri, il gioco fa passare più velocemente un tempo forzatamente lento, aiuta a non lasciarsi sconfortare, a non cedere alla rabbia e a cambiare sfondo. Ma forse la definizione più giusta me l’ha data Anna, quando parlando del nostro progetto ha detto che “il gioco aiuta a far esplodere la fantasia”.»

 

 

 

Francesca Costi, giornalista ed organizzatrice di eventi culturali. Amante dell’arte e del teatro, ha fatto delle sue più grandi passioni un lavoro.

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