RITRATTI/ Annamaria Schenardi
di Francesca Costi
“Io sono un po’ di campagna, devo fare un’intervista? Non so, però se me la fai tu, va bene”.
Annamaria Schenardi è una donna all’apparenza esile, timida ma con una forza incredibile nascosta dietro un dolce sorriso. Dal 2018 è la presidente di Fondazione Futuramente, ma prima di tutto è la mamma adottiva di Davide, un ragazzo disabile, al quale ha regalato non solo il calore di una famiglia, ma anche la prospettiva di un futuro sereno dopo di lei. Vi state chiedendo come? Grazie alla costituzione dell’associazione “Gli Amici di Davide” e all’ambizioso progetto di realizzare, in un edificio dismesso adiacente la canonica di San Ruffino, una Casa di comunità per famiglie con disabilità. Ma andiamo per gradi e capiamo come è nato questo sogno.
Quando hai incontrato Davide?
Ho conosciuto Davide quando aveva pochi mesi. Operavo come volontaria in una Casa di Accoglienza alle porte di Parma; lui non poteva contare su una famiglia che lo aiutasse a crescere e ad affrontare la vita con tutte le difficoltà che avrebbe incontrato.
Di cosa soffre?
Davide ha una grave disabilità che gli impedisce di camminare, di parlare, di muoversi liberamente, ma sapeva esprimere i suoi sentimenti col sorriso ed io fui subito conquistata dall’affetto straordinario che sapeva dimostrarmi. Davide ed io ci siamo scelti a vicenda, col suo carattere solare è entrato nel mio cuore.
E come sei diventata la sua mamma?
Per tre anni mi occupai di lui, ma poi le vicende della vita allontanarono il piccolo dalla Casa di Accoglienza. Lui però era rimasto nel mio cuore e, quando dopo alcuni anni fece ritorno nella struttura, ho sentito che il tempo non aveva cancellato questo nostro legame unico, verso di lui nutrivo un affetto tutto speciale e con gioia ripresi ad occuparmi di lui. Accompagnai Davide a Mestre in una struttura specializzata in “Comunicazione Facilitata Alfabetica”, fu così che Davide ha avuto l’opportunità di aprirsi al mondo. A quindici anni Davide, attraverso la scrittura, ha espresso il desiderio di avere una mamma ed una casa tutta sua: “Io vorrei stare sempre con te, ti vorrei come mamma, anche se tu già la sei nel mio cuore”.
E tu come ti sei sentita?
Ho provato una grande gioia perché fin da quando Davide era piccolo ci univa un grande affetto ma, al tempo stesso, sono rimasta disorientata, ho avuto paura di non farcela, ho subito pensato al suo futuro. Poi, non senza timori, ho maturato la scelta di prenderlo con me e i servizi sociali me lo hanno affidato. Quando è diventato maggiorenne Davide ha espresso davanti al giudice il desiderio di essere adottato e di portare il mio cognome.
Cosa comporta avere un figlio disabile?
La mia è stata da subito una scelta contrastata da tutti, o quasi, perché considerata folle. Sì, è stata proprio una scelta un po’ folle perché i miei parenti abitano in altre città e io ero sola, ma pensavo di poter contare su altre persone che però pian piano si sono defilate, ma non tutte, poi ne sono arrivate altre. Quando insieme alla follia c’è anche tanto amore allora anche il cielo si commuove e ti aiuta e ti fa arrivare gli aiuti giusti al momento giusto. Ma bisogna crederci! L’amore per un figlio e non solo figlio con disabilità, può far emergere forze inimmaginabili che aiutano a superare le difficoltà.
Quali sono i problemi più comuni che dovete affrontare?
Il pietismo che traspare dagli sguardi e dalle parole delle persone: “povren!” (poverino) oppure “Che brava mamma, ma ha una bella croce, coraggio!” Altri, soprattutto i suoi coetanei, sono a disagio, si sentono inadeguati, incapaci di entrare in rapporto con lui soprattutto perché lui non parla. E allora diventa difficile farlo partecipare a gruppi di giovani. Anche le diagnosi degli specialisti rappresentano un grosso limite! Diagnosi che io ho accantonato, tanto che, a chi me la chiede, non so rispondere!
Come comunicate?
Davide scrive e quello che mi dice mi restituisce conferme importanti circa il percorso intrapreso.Ho visto Davide trasformarsi, sempre più sereno e sorridente, consapevole dei propri limiti ma anche delle proprie potenzialità, reattivo e desideroso di esprimere il suo parere, più sicuro di sé. La tastiera del computer mi ha permesso di scoprire in lui un mondo straordinario. Ultimamente mi ha scritto “Ti voglio un oceano di bene. Il tuo credere in me oltre ad ogni apparenza ha fatto sì che io non perdessi mai la certezza di poter emergere dal mio essere disabile fisico e quindi privo di strumenti per poter mostrare ciò che realmente ho dentro. Senza la Comunicazione Facilitata solo tu vedevi la scintilla, segno della mia presenza interiore”
La sua più grande paura se pensa al futuro di suo figlio?
Come ogni genitore che ha un figlio con una disabilità sono ben consapevole che Davide non sarà in grado di avere un futuro in autonomia e allora mi chiedo che futuro avrà dopo di me? Chi si occuperà di lui dopo di me?Davide non comunica verbalmente, ma è una persona intelligente, ha bisogno dell’aiuto di altri per vivere, ma è dotato di abilità diverse, sa fare cose che altri ignorano. Vorrei che lo sguardo di chi si occuperà di Davide potesse rimanere lo stesso e così anche l’impegno per potergli permettere di essere una persona con le proprie necessità ma anche abilità. Chiedo troppo? No, chiedo molto! Ma nei sogni bisogna crederci! E San Ruffino ne è la prova!!! Ora che la Casa sta per essere completata, il mio impegno sarà rivolto proprio a questo obbiettivo… per Davide e per gli altri ragazzi che vivranno a San Ruffino.
Come è nata l’idea di creare l’associazione “Gli amici di Davide” e il progetto della Casa di comunità?
A questo progetto ho iniziato a pensare quando ho deciso di prendere Davide con me; lui aveva 15 anni e poiché io non ero più una ragazzina ho iniziato a pensare al suo futuro. Non potevo, non volevo pensare ad un istituto quando io non sarei più stata in grado di farmene carico. Ho iniziato a pensare, a sognare una grande casa, immersa nel verde, da condividere con altre famiglie, famiglie che hanno ragazzi con disabilità che desiderano vivere insieme ai loro figli e insieme a loro diventare “grandi”; aiutarsi reciprocamente nel far fronte alle difficoltà e allo stesso tempo permettere ai figli di acquisire gradualmente e quanto è possibile, una maggiore autonomia. L’obbiettivo di questo progetto è anche di dare l’opportunità a questi ragazzi di far emergere potenzialità e talenti. Sì perché questi ragazzi, che io amo chiamare “speciali” e che ogni giorno devono affrontare difficoltà importanti, hanno un grande patrimonio umano e potenzialità inespresse, che solo una famiglia vera e tanto amore possono valorizzare. A questo proposito Davide ha scritto “Io sono un disabile motorio e del linguaggio parlato e seppure è vero che ho bisogno di aiuto per molte cose, posso d’altra pare dare il mio contributo d’amore e spirituale” ed io lo posso confermare, è proprio così!
Per completare il progetto è attiva anche una raccolta fondi che avete acceso presso Fondazione MUNUS?
Sì, il supporto che ci ha dato Fondazione MUNUS sin dall’inizio della nostra avventura è stato determinante, non solo perché ci ha consentito di avere a disposizione risorse importanti per procedere con la nostra progettualità ma anche perché ci ha seguito in ogni fase, accompagnandoci anche coi suoi strumenti di comunicazione. MUNUS è anche garante del corretto iter delle donazioni, aspetto questo non secondario, che ci ha permesso di intercettare significative donazioni di aziende.
A che punto siete arrivati? Qual è il prossimo step?
Il nostro sogno sta per diventare realtà, i lavori nel cantiere di san Ruffino stanno procedendo e la Casa sarà pronta a fine anno, permettendo così ad alcune famiglie di andarci a vivere per dare un futuro, una continuità familiare alle persone con disabilità anche quando i genitori non ci saranno più. Poiché la nostra Comunità non vuole essere un luogo chiuso, mentre proseguono i lavori di restauro e risanamento conservativo, la Fondazione Futuramente sta progettando la sistemazione del parco giochi e campetto da calcio, annessi agli immobili, che viene considerata una grande risorsa per favorire l’integrazione.
Cosa pensa Davide del progetto che state realizzando?
Ho condiviso fin da subito questo progetto con Davide e lui ha avuto modo più volte di scrivere il suo pensiero: “Ok mamma per questo progetto… ma io voglio essere protagonista” e direi che ci sta riuscendo molto bene: ha dato il nome alla Fondazione Futuramente” e ne ha spiegato il significato: “Dobbiamo cambiare il modo di pensare al futuro, la condivisione ci salverà. L’indifferenza ci sta portando alla distruzione. Io vorrei una Comunità dove c’è amore, allegria, il cuore aperto alla luce, insomma una vera famiglia dove la parola magica è condivisione, con l’amore si può fare!”
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Francesca Costi, giornalista ed organizzatrice di eventi culturali. Amante dell’arte e del teatro, ha fatto delle sue più grandi passioni un lavoro.