Pronto Soccorso, come accogliere le vittime di violenza

Proteggere la donna vittima di violenza fin dal suo arrivo al Pronto Soccorso. Questo l’obiettivo delle Raccomandazioni per l’accoglienza e la presa in carico in Pronto soccorso delle donne che subiscono violenza di genere, approvate dalla Giunta regionale per offrire un’accoglienza e un’assistenza che garantisca protezione, sicurezza e sostegno alle donne che, a seguito della violenza subita, accedono ai servizi dell’emergenza-urgenza.

I Pronto soccorso, infatti, sono una delle principali porte di accesso attraverso cui le donne chiedono protezione e cura. Nel corso del 2020 in Emilia-Romagna le donne che si sono rivolte in Pronto soccorso, con successiva diagnosi di violenza, sono state 450 rispetto ad una media di circa 735 per anno nel biennio 2018-2019 (-37,8%) in parte giustificabile dal lockdown conseguente alla pandemia Covid.

Cosa prevede il documento

Percorsi operativi per l’accoglienza e l’assistenza, spazi protetti e dedicati nei servizi di Pronto soccorso alle donne che hanno subito violenza, presenza di un medico legale con competenze specifiche nei principali PS in determinate fasce orarie.

Il documento, rivolto prioritariamente ai professionisti dei servizi di emergenza-urgenza coinvolti nell’accoglienza delle donne che subiscono violenza di genere come previsto dalla normativa nazionale (Dpcm 24 novembre 2017), propone un modello organizzativo per le Aziende sanitarie, frutto di un lavoro multiprofessionale con medici, psicologi e operatrici dei centri antiviolenza.

L’obiettivo è creare una modalità di accoglienza e presa in carico omogenea tra le Aziende sanitarie, con particolare attenzione al racconto della donna, ad eventuali segnali di violenza pregressa, anche non dichiarata, alla presenza di figli e garantire la continuità del percorso dalla dimissione dal Pronto soccorso, in relazione con le strutture territoriali che operano nel contrasto della violenza, nel rispetto dell’autodeterminazione della donna.

Ulteriore punto di forza del documento è la raccolta dei dati: l’area sanitaria rappresenta infatti un punto nevralgico per il monitoraggio sulla violenza di genere perché consente di intercettare anche le donne con difficoltà a dichiarare la violenza subita e di attivare il percorso di cura dopo la violenza; registrare e codificare gli accessi delle donne al Pronto soccorso per violenza è dunque una procedura fondamentale per poi attivare la rete dei servizi.

Le Aziende sanitarie e ospedaliere dovranno, tra l’altro, impegnarsi ad applicare percorsi e procedure, come illustrato dalle Raccomandazioni, che prevedano e garantiscano, tra l’altro, il raccordo operativo e la comunicazione con tutti gli attori della rete territoriale a supporto delle donne che hanno subito violenza; garantire una regolare e continua attività di formazione e aggiornamento del personale. E ancora assicurare il monitoraggio costante del fenomeno della violenza di genere, attraverso la rilevazione e il controllo degli strumenti in uso (scheda del triage, codice di patologia in dimissione); individuare un referente ospedaliero e/o territoriale del Percorso per le donne che subiscono violenza, che dovrà interfacciarsi con gli altri operatori della rete antiviolenza territoriale e collaborare con loro.

Come organizzare l’accoglienza

Il modello organizzativo proposto alle Aziende sanitarie dalle Raccomandazioni regionali prevede l’applicazione nella rete delle strutture di Pronto soccorso di percorsi operativi per l’accoglienza e l’assistenza delle donne maltrattate; l’identificazione di una o più strutture di Pronto Soccorso di riferimento alle quali trasferire la donna, nei casi più complessi, nei casi di violenza sessuale e nei casi in cui sia necessario attuare la repertazione.

Inoltre, è necessario creare nei servizi di Pronto soccorso ove ancora non presenti, siano essi di ordine generale e/o ostetrico-ginecologico, spazi protetti e dedicati alle donne che hanno subito violenza. Ciascuna Azienda sanitaria dovrà poi identificare, per ciascun punto della rete dell’emergenza, le figure professionali coinvolte nell’accoglienza in emergenza urgenza e prevederne le modalità di attivazione, in particolare se non presenti i turni di guardia/reperibilità. Le Aziende inoltre dovranno definire le modalità di consulenza specialistica privilegiando, laddove sia possibile, la permanenza della donna presso lo spazio protetto individuato all’interno del Pronto soccorso.

Almeno presso i Pronto soccorso principali, si rende indispensabile la presenza di un medico legale con competenze specifiche, in presenza nella fascia diurna (ore 08.00 – 20.00), mentre, nelle fasce notturne (ore 20.00 – 08.00) deve esserne prevista almeno la chiamata in reperibilità.

L’impegno della Regione Emilia-Romagna

Le nuove Raccomandazioni aggiornano quelle per la valutazione medico-legale del 2016 e si inseriscono nel Piano regionale contro la violenza di genere del 2021, che richiama le linee guida nazionali per i Pronto soccorso.

Fin dalla nascita dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, a fine 2017, è stato affrontato il tema della comprensione del fenomeno, in termini quantitativi e qualitativi, attraverso le informazioni prodotte dalla rete dei servizi dedicati e non al contrasto della violenza di genere.

I servizi dedicati quali i Centri Antiviolenza e le case rifugio costituiscono un punto di osservazione privilegiato rispetto ai casi di violenza, alle dinamiche e ai contesti in cui la violenza viene agita, ma allo stesso tempo l’ampia rete dei servizi sociali e sanitari porta sul territorio innumerevoli punti ai quali una donna vittima di violenza può rivolgersi“

“Per il contrasto alla violenza di genere – sottolineano gli assessori alle Politiche per la Salute, Raffaele Donini, e alle Pari Opportunità, Barbara Lori- occorre, come indicato dall’OMS, un approccio di salute pubblica basato su un impianto multidisciplinare. Il protocollo operativo del percorso che proponiamo alle Aziende non è solo una presa in carico sanitaria, ma tiene conto di tanti fattori che richiedono un intervento complesso e sfaccettato. Questo documento rappresenta dunque un tassello prezioso per migliorare il percorso di assistenza alle donne, già avviato da diversi anni dalla regione, perché agevola tutte le realtà impegnate in prima linea per la loro tutela: è il proseguimento dell’impegno della Regione per migliorare la rete di supporto e accompagnamento della donna che ha subito violenza”.

I numeri in Emilia-Romagna

Nel triennio 2018-2020 le donne che hanno avuto almeno un accesso in un Ps del territorio regionale conclusosi con una diagnosi di violenza sono state 1.919, per un numero totale di accessi con diagnosi di violenza nell’arco del triennio pari a 2.007 (1,05 accessi pro capite). Le stesse donne nell’arco del triennio hanno effettuato anche altri accessi in Pronto soccorso, quasi 6 mila, con diagnosi diverse da quelle riferibili all’area della violenza. Il 32% delle donne con almeno un accesso in Ps con diagnosi di violenza nel triennio 2018-2020 è di cittadinanza non italiana. Tra le donne con almeno una diagnosi di violenza in Ps, la quota di straniere sfiora il 50% nella classe di età 25-34 anni e supera il 40% nella fascia 18-24 anni. La distribuzione per età delle donne con almeno un accesso in PS con diagnosi di violenza mostra che il 15,6% è ancora minorenne al momento dell’accesso; il 41% circa si colloca nella fascia delle giovani adulte (25-44 anni) e poco più del 7% ha già compiuto i 75 anni. Le donne straniere mostrano una maggior concentrazione sulle età giovanili: il 62% circa ha meno di 35 anni. Al contrario, tra le donne italiane prevalgono le età mature e quasi il 60% si colloca sopra i 35 anni. Dato il rilevante impatto della pandemia sull’assistenza sanitaria nell’anno 2020 è stato importante analizzare come l’emergenza venutasi a creare avesse condizionato il percorso in Pronto Soccorso delle donne con diagnosi di violenza. In tutti i PS del territorio regionale si è osservata una forte riduzione di tutti gli accessi nei mesi di marzo ed aprile 2020 in coerenza con il periodo di lockdown ed una ripresa a partire dal mese di maggio; gli accessi annui comunque sono rimasti inferiori a quelli mediamente osservati nel biennio 2018-2019. Nel corso del 2020, gli accessi con diagnosi di violenza sono stati 476 (pari a 450 donne con 1,05 accessi pro-capite con diagnosi di violenza) rispetto ad una media di circa 750 per anno nel biennio 2018-2019 (-37,8%).

I numeri in Italia

Secondo i dati rilevati dal Sistema informativo per il monitoraggio dell’assistenza in Emergenza-Urgenza (EMUR), in Italia nel triennio 2017-2019 le donne che hanno effettuato almeno un accesso in Pronto soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza, sono state 16.140 (per un numero totale di 19.166 accessi pari a 1,2 pro capite). Dai dati di Pronto soccorso emerge inoltre che le stesse donne, nello stesso periodo, hanno effettuato ulteriori accessi in Pronto soccorso con diagnosi diverse da quelle riferibili a violenza. Nel periodo preso in considerazione, dunque, una donna che ha subito violenza è ricorsa al Pronto soccorso in media 5/6 volte.

 

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