Scrittura, politica, futuro…a tu per tu con Caterina Bonetti

Anna, coraggiosa, pronta a pagare a caro prezzo la sua indipendenza. Anna, figlia, mamma, caregiver. Determinata nelle sue scelte, ma fragile allo stesso tempo, “stanca in ogni sua cellula” ed in lotta costante con il senso di colpa. La protagonista di PassatoPresente (Affiori Editore), il romanzo d’esordio di Caterina Bonetti, è una figura che cattura subito per la sua autenticità.

In una crescente tensione emotiva, pagina dopo pagina, ci porta con lei alla ricerca di quella verità liberatoria che sta alla base dell’esistenza di ognuno di noi: chi siamo, cosa vogliamo.

PassatoPresente è una storia che parla al femminile, Anna è il ritratto della donna moderna?

Anna è un bel mix di figure al femminile alle quali mi sono ispirata. Racchiude la complessità dell’essere una donna giovane, multitasking, centrale per le persone che le ruotano intorno. Una donna che corre per conciliare tutto, con i minuti contati. Esigente con i propri sentimenti. Vuole essere sincera con sé stessa e gli altri, al punto da lasciare il suo compagno sull’altare, non perché si è comportato male con lei, ma perché si rende conto semplicemente di non amarlo più. Essere sinceri però ha un prezzo. L’indipendenza Anna la paga affrontando la pressione sociale, i giudizi della famiglia, la solitudine. Pur convinta della sua decisione, a volte dubita, si mette in discussione, capisce di aver rinunciato a quel tipo di tranquillità, di normalità, che avere un compagno al fianco può offrire nella gestione della vita di tutti i giorni.  

Anna simboleggia anche la donna caregiver, divisa tra una madre affetta da Alzheimer in casa di riposo ed un bambino piccolo da gestire, che esige attenzioni…

La storia è uno spaccato della complessità femminile, sia personale sia sociale. Oggi la maggioranza dei caregiver è donna. Anna affronta una delle malattie più terribili per una figlia: la perdita della memoria da parte di un genitore. Le visite in casa di riposo la sfiancano, si illude in alcuni momenti che sua madre possa migliorare, ma gli attimi di lucidità svaniscono subito. Un legame difficile, in bilico tra presente e passato, tra tenerezza e rimproveri, affiancato dalla gestione in parallelo del figlio Edoardo al quale deve dedicare tempo e attenzioni.

La casa di riposo, la routine abitudinaria che scandisce le giornate degli ospiti, non è un’ambientazione casuale…

Avevo già scritto dei racconti ambientati in case di riposo, sono affascinata dal tema dell’assistenza agli anziani. Mia madre era assistente sociale, le case di riposo le ho frequentate fin da piccola, qualche volta la seguivo al lavoro. Sono luoghi di passaggio, ma sono anche luoghi di ricordi. Credo che la vecchiaia, la memoria, anche la morte, siano temi che in questo momento la nostra società rifugge. Viviamo in modo frenetico, è il nostro stile di vita. Solo quando ci capita una malattia, quando viene a mancare un proprio caro o dobbiamo assisterlo, ci fermiamo a riflettere perché costretti. Arriviamo impreparati alla vecchiaia e alla morte, perché non ci vogliamo pensare, non esistono più i riti e le tradizioni legati a questo passaggio. Assistiamo gli anziani in rsa e tendenzialmente si finisce per morire in ospedale o in casa di cura.

Luigi e Leonardo rappresentano entrambi in modo diverso il “marito perfetto”, qual è il messaggio delle figure maschili del romanzo?

Il senso di colpa che Anna ha per la fine del suo rapporto con Leonardo deriva anche dal modello del padre Luigi che è sempre stato il padre-marito perfetto. Anche quando la moglie Magda si ammala, rimane con lei, sempre presente.
In apparenza, perché di fatto nasconde i suoi segreti, sacrifica i suoi sentimenti per mantenere unita la famiglia, facendo una scelta opposta a quella di Anna. Al tempo stesso, non essendo sincero, crea un modello inarrivabile per lei. C’è sicuramente un bellissimo confronto tra generazioni. Leonardo è un uomo, invece, al quale non si può rimproverare nulla, comprensivo, gentile, accetta la scelta di Anna di non sposarlo e le resta amico nonostante tutto. È perfetto, ma non basta essere perfetti perché le cose funzionino. È la storia di molte relazioni di oggi, in cui le donne sono libere di scegliere, non accettano più compromessi con sé stesse come succedeva una volta.

Quanto costa alle donne di oggi la loro indipendenza?

Vedo le donne di oggi molto forti e determinate, ma vedo anche la fatica e la stanchezza. Siamo più libere e abbiamo maggiori opportunità di affermarci. Sta cambiando un paradigma, ma non è ancora superato, siamo a metà del guado. La parità non l’abbiamo raggiunta. Il carico famigliare resta nostro nella maggior parte dei casi. La differenza salariale persiste sul lavoro. Il salto culturale rimane spesso imbrigliato in quel senso di colpa atavico di noi donne, legato a stereotipi sociali di cui non siamo ancora capaci di liberarci. La mamma assente perché impegnata è più sottoposta a giudizi negativi rispetto al papà. È sicuramente un periodo interessante per essere una donna. Le ragazze di oggi hanno una maggiore consapevolezza del loro ruolo nella lotta agli stereotipi. Ma mancano  nuovi modelli emotivi, così come anche nuovi paradigmi romantici, che sostituiscano quelli del passato.

Da assessora alle pari opportunità, qual è il ruolo femminile in politica, come siamo messe?

Il mondo della politica è ancora molto maschile, inutile nasconderlo. Nonostante una maggiore presenza di donne, la politica è pensata su tempi maschili, dagli orari delle riunioni alle modalità di svolgimento degli incontri e delle cerimonie pubbliche, non è proprio contemplato un modello diverso. A questo si aggiunge una nostra colpa. Purtroppo, l’errore più grosso che molte donne fanno è quello di imitare gli uomini. Questo è un paradigma da cambiare. La leadership al femminile è una delle rivoluzioni che dobbiamo riuscire a compiere. Una leadership che si allontana, ad esempio, dalla politica muscolare, quella che alza il tono della voce per imporsi, che “tira due pugni sul tavolo” per farsi ascoltare.
È la differenza fra comandare e guidare, tra imposizione e condivisione. Questo cambiamento è sicuramente l’aspetto più interessante, il valore aggiunto che una donna può portare in politica.

Parma è una città delle donne?

Parma è una città attenta. Esiste un associazionismo al femminile molto forte e, soprattutto, molto variegato, che non si occupa solo di questioni di genere ma anche di tanti temi sociali e culturali declinati al femminile. Anche a livello imprenditoriale e professionale vedo donne capaci, formate e che hanno voglia di dare il loro contributo alla città. C’è tanto lavoro da fare nel campo delle pari opportunità.

Quali sono le richieste che ti preoccupano di più?

Mi spaventa che le più giovani vivano lo spazio pubblico, soprattutto nelle ore serali, con timore. Mi segnalano di aver paura di andare a prendere l’autobus alle sette di sera in inverno, cioè in un orario di vita ordinaria; non escono dopocena se sono da sole; si muovono solo in auto; scaricano l’app di tracciamento. Non è solo un problema di sicurezza urbana, c’è un passo indietro emotivo e relazionale sul quale bisogna lavorare.

C’è un progetto dell’assessorato alle pari opportunità al quale tieni particolarmente?
Ce ne sono tanti, ma se devo sceglierne uno cito la scuola di italiano per le mamme straniere che arrivano a Parma, organizzato da LED al quartiere San Leonardo. Il progetto prevede anche il coinvolgimento in attività da svolgere in città, insieme ai propri bambini, dal castello dei burattini alle letture in biblioteca.   Poi, in generale, ritengo importanti tutte le iniziative che facciamo con le scuole, perché oggi dobbiamo lavorare ed investire sulle nuove generazioni e sui corretti modelli educativi. È da qui che inizia il vero cambiamento, anche, soprattutto, per noi donne.   

*Chi è Caterina Bonetti

Giornalista pubblicista, assessora alla Scuola del Comune di Parma con diverse deleghe tra cui quella alle pari opportunità. Ha un dottorato in Italianistica, scrive per Gli Stati Generali. Co-fondatrice del progetto Scintille Bookclub, ha fatto molti lavori e si è sempre occupata di politica. Autrice di saggi sulla letteratura del Settecento e di una monografia sulla figura dell’attrice Elena Balletti (Dall’Orso), ha collaborato alla scrittura del romanzo Le Aziende in-visibili (Scheiwiller) e Repertorio dei matti della città di Parma (Marcos y Marcos). Alcuni suoi racconti sono apparsi su riviste online, nella raccolta Parma, i nuovi narratori raccontano la città (Diabasis), e ne I miti allo specchio (Mimesis). PassatoPresente (Affiori Editore, 2024) è il suo romanzo di esordio.

 

WRITTEN BY

 

 

 

 

 

Rosaria Frisina, giornalista, web editor e social media manager. Lavora tra Parma e Milano nel settore della comunicazione e del giornalismo, con particolare attenzione ai temi della sanità. Ama raccontare storie, la scrittura è la sua passione, l’informazione e la cura dei contenuti l’anima del suo lavoro.              

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