IVG, occorre fare un passo in avanti

Abortire è ancora oggi un tabù? Sicuramente una scelta non agevolata dalla normativa. Le recenti dichiarazioni della senatrice Mennuni (“La maternità è cool”) poi, hanno riacceso il dibattito sulla questione del diritto delle donne di scegliere liberamente se avere o non avere figli. Ne parliamo con Ebe Quintavalla, attivista, già direttrice del servizio Materno infantile per la Regione Emilia-Romagna e di recente relatrice dell’intervento“A Parma come siamo messi con l’aborto?”al convegno “Capace di scegliere”, promosso  da Casa delle Donne, in occasione dei 45anni della Legge194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza.

La Legge 194 risale al 1978, non andrebbe aggiornata?

“Più che aggiornata andrebbe proprio depennato l’articolo 9 sul diritto alla obiezione di coscienza da parte del personale sanitario (sopratutto ginecologi ed anestesisti), frutto di pesanti mediazioni che si sono dovute accettare pur di  approvarla e far uscire l’aborto dalla clandestinità e da una cultura del silenzio, in cui l’aborto è stato da sempre relegato rendendolo così invisibile, soprattutto al mondo maschile.

Inoltre, andrebbe completamente rivisto l’articolo 5 inerente l’obbligo, da parte della donna che chiede l’interruzione, di sottoporsi a un  colloquio  con una figura sanitaria ( in genere, è il  il ginecologo) a cui deve  raccontare  le motivazioni della sua decisione e quindi sottoporsi al suo giudizio (che per fortuna non può mettere in discussione la sua scelta) e comunque  aspettare poi sette giorni per poter prenotare l’’intervento.”

In cosa consiste il colloquio?

“Per dirla come va detta, si tratta di un colloquio teso a valutare  la  serietà della decisione, identificandosi sostanzialmente come una forma di  controllo sociale sul corpo delle donne e sulla loro capacità morale di  autodeterminarsi.

Come si può capire sono due limiti notevoli di cui l’obiezione di coscienza è quella che incide molto significativamente sul versante operativo, tenuto conto che da sempre, e ancora oggi, presenta a livello nazionale e locale valori molto alti che si aggirano attorno al 70%, in alcune zone del paese anche l’80 e il 90%.

Si tratta di  percentuali  che  costringono troppe donne  a doversi spostare  in altre città o fuori regione per poter  effettuare l’intervento entro i limiti temporali previsti dalla legge, ovvero il primo trimestre di gravidanza, a parte situazioni del tutto particolari ed eccezionali.

Va  da  sé che l’obiezione  allunga in modo significativo i tempi di attesa pre intervento, senza tenere conto del fatto che, sia per motivi sanitari, sia per la situazione di stress e disagio psicologico vissuto dalle donne in  tale periodo, l’IVG andrebbe effettuata il prima possibile e già entro il secondo trimestre, come dice la stessa OMS (Organizzazzione Mondiale della Sanità).”

Come  siamo messi oggi con l’aborto e quale il suo andamento negli anni?

“Dobbiamo dire a voce alta e chiara  che nel nostro paese siamo in presenza di una costante e continua diminuzione dell’IVG, tanto che dal 1980 (anno di piena attuazione della Legge 194) ad oggi si è avuto un calo del 70%.

Ciò sta a dimostrare, con estrema evidenza, che  vi è un fortissimo impegno contraccettivo, tanto  più significativo se si considera che il numero di figli per donna è 1,2, per cui per  quasi tutto l’arco della vita feconda (dai 15 ai 40 anni, per capirci) la donna  deve difendersi dalla propria potenziale fertilità nella consapevolezza che può succedere, come succede, di  aver bisogno di avvalersi del diritto di abortire.”

Si ha ancora una visione limitata dell’IVG?

“Nonostante  i dati  parlino chiaro, siamo ancora radicati ad una visione religiosa dell’aborto volontario che si ritiene autorizzata ad esprimere, a nome di tutti, giudizi etici inaccettabili da uno stato  laico. Giudizi  che  ancora e soprattutto oggi tendono a colpevolizzare le donne attraverso modalità provocatorie intollerabili, come il cimitero dei feti, l’obbligo di ascolto del battito cardiaco del feto nelle ecografie pre-IV, l’apertura di “stanze dell’ascolto” nelle sedi ospedaliere in cui si pratica l’IVG (vedi Torino) tese  sostanzialmente a scongiurare la decisione già presa e già certificata dall’operatore  sanitario di competenza.”

Come siamo messi a Parma con l’ivg  e  l’obiezione di coscienza?

“Considerate le riflessioni di cui sopra, a Parma l’IVG presenta nel corso degli anni  le stesse diminuzioni  indicate a livello nazionale: calo ancora più interessante se si pensa che la contrazione delle nascite è più forte nelle regioni del nord e del centro nord. Nel 2021, ultimi dati di cui disponiamo,siamo in presenza di 5,4 IVG per mille donne in età feconda e il numero di minorenni che sono ricorse a tale intervento sono solo 12 in tutta la nostra provincia. 

Per quanto riguarda il personale obiettore purtroppo abbiamo percentuali ancora pesanti.  Sempre nel 2021, secondo il report regionale sono il 68,4% dei ginecologi ospedalieri del Maggiore (un po’ più bassa la percentuale di quelli operanti nell’ospedale di Vaio) e degli anestesisti (su questi ultimi il dato riportato appare sovradimensionato per problemi connessi alle modalità di rilevazione). Nei consultori l’obiezione dei ginecologi  è notevolmente più bassa e ruota attorno al 32%.

Non vi è dubbio che l’alto tasso di obiezione all’ospedale Maggiore, oltre alla necessità di alleggerire l’utilizzo delle camere operatorie da interventi a bassa intensità quale è l’IVG,  ha inciso su una sua  parziale ma significativa esternalizzazione alla Casa di Cura Città di Parma che nel 2021 corrisponde a circa un terzo del totale. Tutti interventi effettuati ancora con la sola modalità chirurgica, quando l’IVG farmacologica dovrebbe avere la assoluta priorità nell’offerta .Certamente tale esternalizzazzione è servita  per andare verso una riduzione delle liste d’attesa in ospedale, ma purtroppo fino ad ora non è servita, come necessario, per rimettere a posto modalità organizzative tali da mantenere strettamente l’IVG nella rete dei servizi consultoriali e pubblici.”

Qual è il ruolo dei consultori in questo contesto?

 “I consultori  hanno  un ruolo centrale sulla salute della donna e sopratutto su tutto l’ambito sessuale /procreativo in cui è inserito il cosiddetto percorso IVG. Ciò significa in concreto un ruolo informativo, di consulenza, di certificazione  e di  supporto alle donne in tutto l’iter che devono affrontare. Ruolo che purtroppo non giocano allo stesso modo e con la stessa intensità nelle varie zone del paese. Sicuramente in Emilia Romagna, e in particolare a Parma, possiamo dire che i consultori sono una realtà molto attiva se si pensa che nel distretto della città l’87% delle certificazioni IVG (la percentuale più alta in Regione) viene rilasciato dai medesimi. Ma va anche detto che il cosiddetto percorso IVG, come abbiamo dimostrato nel nostro convegno, si presenta non raramente troppo frammentato, prevede spostamenti da un distretto all’altro, ha non rari  inciampi  di collegamento fra i servizi coinvolti.”

Guardando all’oggi, quale può essere la svolta  sulla contraccezione  e sulla IVG ?

“Il futuro della IVG è l’adozione generalizzzata, e quindi una offerta proattiva della metodologia farmacologica; in concreto quella che chiamiamo la RU 486. Fatto salvo, ovviamente anche l’offerta o la necessità (per motivi sanitari), di adottare la modalità chirurgica .

Accanto alla IVG farmacologica, va contemporaneamente prevista una più ampia promozione attiva e fatta in modo molto diffuso della contraccezione di emergenza. Ovvero la cosiddetta pillola del giorno dopo (che in concreto sono due), da assumere nei giorni immediatamente successivi ad un rapporto sessuale non protetto.

Per quanto riguarda la IVG farmacologica, va tenuto presente che è più economica, perché non prevede  ricovero, non richiede anestesisti e la figura del ginecologo assume un ruolo molto meno attivo a fronte, invece, di una funzione  più incisiva da parte delle ostetriche che assumono un compito più marcato di consulenza e supporto sia in sede che online. Ma la RU 486 può essere adottata solo entro il secondo mese di gravidanza, per cui diventa assolutamente urgente che le ASL mettano in campo una organizzazione  che incida sulla diminuzione dei tempi di attesa e la renda possibile nei Consultori attraverso un’accoglienza adeguata che preveda: una stanza ad hoc confortevole  e non medicalizzata per brevi permanenze se richieste o previste.”

In Italia, la metodologia di IVG farmacologica trova resistenze?

“In Italia, nonostante sia caldamente raccomandata dall’OMS, questa metodologia fa fatica ad imporsi ed anche Parma presenta uno dei dati più bassi della Regione ( 50% delle IVG effettuate  nel 2021) a fronte dei diversi paesi europei dove marcia con percentuali che vanno dall’80 al 90 – 95% .

Per quanto riguarda poi la contraccezione di emergenza, che come noto si acquisisce in farmacia senza ricetta medica, siamo in presenza di una preoccupante  carenza informativa e promozionale, verificata anche Parma attraverso una ricerca ad hoc presentata al convegno.

Come si può notare sia la IVG  farmacologica che la contraccezione di emergenza hanno un aspetto in comune: quello di demedicalizzare  l’aborto attraverso modalità più leggere e quello di intercettare da subito il possibile  avvio di una gravidanza indesiderata, spesso identificato  scorrettamente come pratica abortiva .

Ciò significa andare verso un  controllo della procreazione e a una interruzione di gravidanza aborto sempre più autogestiti dalle donne e quindi sottrarli  il più possibile  dal controllo sociale sui loro  corpi. Il che, ovviamente, desta, non a caso, molta preoccupazione soprattutto dai vari  movimenti  pro life  che hanno fatto di tale controllo una delle loro ragioni d’essere e di operare”.

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