RITRATTI/Larysa Bezruchko Kovalchuk

di Francesca Costi

“È la prima volta che ripercorro la mia vita, i ricordi riaffiorano, ma voglio andarci piano, fanno male”. Questa intervista inizia dalla fine, dalle parole di congedo con Larysa Bezruchko Kovalchuk, infermiera al pronto soccorso dell’Ospedale di Parma, che da 20 anni vive in Italia.

La sua è una vicenda a lieto fine, una storia di coraggio. Larysa è arrivata dall’Ucraina nel 2002, da sola, lasciando i suoi figli di 3 e 11 anni in custodia ai nonni, per lavorare come badante in una famiglia di Napoli. Lì ha conosciuto Nina, una ragazza russa che viveva alla porta a fianco e che oggi si sta chiedendo se potranno essere ancora amiche, dopo quanto sta succedendo tra i loro due Paesi.

Che cosa hai risposto a Nina?

“Che non potrò mai dimenticare il momento in cui sono arrivata a Napoli, lei mi ha aperto la sua casa e abbiamo diviso un pezzo di pane in due. Non conta la sua nazionalità, ho anche una collega russa e quando ci siamo incontrate nei giorni scorsi ho letto nei sui occhi l’imbarazzo, ma per me è quella di sempre, le persone non c’entrano con quello che sta succedendo, la cattiveria non ha nazionalità. Oggi Nina è tornata a vivere in Russia, ancora ci sentiamo, ci siamo fatte gli auguri anche l’8 marzo, per la Festa della donna, ma non parliamo della guerra, ho paura che le conversazioni possano essere ascoltate, non temo per me ma per lei sì, vive là e non ci si può fidare.”

Cosa ti spinse a lasciare l’Ucraina?

“Avevo 28 anni, il mio matrimonio era finito, non vedovo un futuro nel mio Paese e la forza della disperazione mi ha fatto partire; è stato puro istinto di sopravvivenza. Avevo in tasca un diploma da infermiera, all’inizio ho fatto la badante, come tante, poi sono riuscita a far valere il mio titolo e ho iniziato a fare il mio mestiere. Nel 2007 mi hanno raggiunta i miei figli e abbiamo costruito qui la nostra vita.”

Hai ancora parenti e amici nel tuo Paese?

“Sì, e la situazione è drammatica, è molto doloroso parlarne. La settimana scorsa ho ospitato mia cugina e suo figlio tredicenne che vivevano a Kiev ed erano diretti in Francia, dove abita la sorella che è venuta a prenderli qui a Parma. Erano sotto shock, non è stato facile fare loro anche solo qualche domanda su quello che hanno passato. Da un giorno all’altro hanno dovuto lasciare tutto, non sanno se e quando potranno tornare a casa, parlano solo ucraino ma almeno hanno una casa in cui vivere e sono al sicuro in Francia.”

Cosa pensi della guerra che Putin ha scatenato?

Gli ucraini nel tempo sono andati sempre più europeizzandosi e questo non sta bene a Putin, vuole togliere la libertà all’Ucraina ma il nostro è un popolo molto nazionalista, non si arrenderà. Putin si fa vedere in chiesa, parla di Bibbia, ma in realtà non crede in niente se non a se stesso e penso non si fermerà alla conquista del mio Paese, temo che il peggio debba ancora venire.

Quali sono le conseguenze più drammatiche che hai già avuto modo di toccare con mano?

“La mia migliore amica Victoria è riuscita a lasciare Ivano-Frankivsk, una città che si trova nella parte occidentale del Paese e ora si trova a Praga con il suo bambino di 4 anni. Suo figlio sta soffrendo molto il distacco dalla sua casa e dal padre ma per fortuna è piccolo, non ha capito cosa sta succedendo. Mio nipote di 13 anni, invece, è consapevole e non sta accettando la situazione, si è chiuso in se stesso, non vuole andare a scuola, ha sentito le bombe sopra la testa, ha visto la devastazione ed è sconvolto, ma nonostante tutto vorrebbe tornare a casa. I minori sono le prime vittime di questo conflitto e anche i primi che dobbiamo aiutare.  Se riusciamo a far star bene i bambini staranno bene anche le mamme, se no non c’è speranza di ripartenza.”

Quale consiglio ti sentiresti di dare ad una donna, ad una madre ucraina appena arrivata a Parma?

“La prima cosa è imparare la lingua. Sarebbe molto utile organizzare dei corsi in cui le mamme possano apprendere la lingua insieme ai propri figli. Oltre a questo è fondamentale uscire il prima possibile d’isolamento, integrarsi, ma al contempo cercare di non sentirsi isolate cercando contatti con altri ucraini arrivati sul territorio. Non ultimo, c’è bisogno di supporto psicologico, siamo difronte a persone scioccate, in preda all’ansia, i bambini non parlano, c’è tanto da fare.”

Come vedi il tuo futuro?

“Mi ritengo molto fortunata a vivere in Italia, a maggior ragione oggi, non potrei mai tornare indietro, la mia vita è qui, con i miei figli, anche se mai dire mai, chissà, magari tra dieci anni la penserò diversamente. Quello che è certo però, è che sono una persona molto diversa dalla Larysa che ha vissuto la sua infanzia e adolescenza in Ucraina, ho avuto la possibilità di conoscere la libertà, di costruirmi una vita agiata e mi sento realizzata. Non finirò mai di ringraziare tutti i miei colleghi dell’azienda ospedaliera che hanno lavorato con me fianco a fianco in questi anni e mi hanno aiutata nel mio percorso di inserimento a Parma, che oggi è diventa la mia casa, il mio porto sicuro”.





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Francesca Costi, giornalista ed organizzatrice di eventi culturali. Amante dell’arte e del teatro, ha fatto delle sue più grandi passioni un lavoro.

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