Ripartire. Essere madre, un nuovo inizio

Molto spesso si parla del “ritorno delle madri”, tema caldissimo soprattutto se declinato al mondo del lavoro.

Perché le madri devono “ritornare”?

Questo verbo sembra porle a distanza dalla realtà, come se se ne fossero andate in un luogo dove le normali regole non hanno il medesimo valore, in un luogo dove sono state “solo” madri.

Non è così.

Una madre non sospende la realtà, ma la amplifica.

Rinasce dalla sua stessa gravidanza, una madre inizia di nuovo a parlare, a camminare, a prendersi cura di sé (e non solo), incomincia ad utilizzare il tempo, il corpo e il pensiero in un modo diverso. Per questo credo che il verbo migliore per una madre non sia ritornare ma “ricominciare”, perché deve imparare di nuovo tutto e in alcuni casi farlo addirittura per due, deve rimette in ordine la propria scala di valori, rivoluzionare le proprie priorità, il tempo, gli spazi, acquisire nuove capacità e tirare fuori quelle arti che con il tempo “ha messo da parte”, ma soprattutto deve imparare a fare nodi.

Sì, avete capito bene…  nodi, quelli delle funi delle navi, per tenersi stretta, per non perdersi in quel mare di doveri che la società decide per lei, in quel mare di luoghi comuni che spesso la inseguono come donna e come madre.

Deve fare nodi ed ancorarsi alla certezza che la sua nave ha un solo timoniere e che questo timoniere è lei … e lei soltanto.

Non parte per un nuovo viaggio, parte per un nuovo inizio, ricomincia ogni volta che diventa madre, ogni volta che impara una cosa nuova, ogni momento in cui scioglie un ormeggio e si incammina verso un’esperienza che non conosce, con la sola forza che una donna ha, quella di arrotolarsi le maniche mettendosi, almeno per un minuto, la paura in tasca.

Per questo non dovremmo interrogarci sul RITORNO alla vita che tutti conosciamo ma sulla sua RI-PARTENZA perché nel mare di impegni, dubbi e difficoltà che quotidianamente ci avvolgono, le parole hanno ancora un’importanza cruciale.

“Ripartire” è una magia della lingua italiana perché ha così tanti significati: “dividere e assegnare ad ognuno la sua parte” ma anche “partire di nuovo, lasciare un posto nel quale si era precedente giunti” e infine “rimettersi in moto durante una sosta”, tutti significati che si sposano bene con il diventare madre.

Chiudo gli occhi e immagino le mamme in attesa, quello che ora guardano i loro bimbi nella culla, quelle che li accompagnano a scuola o quelle che li aspettano la notte mentre il figlio tarda e le fa preoccupare, penso alla loro ripartenza, a quell’ atto collettivo così necessario per sbocciare alla nuova vita e farne sbocciare una nuova, a quell’atto che oltre ad essere collettivo è magico e commovente.

Per diventare mamme ci vogliono coraggio e nodi, coraggio perché l’avventura genitoriale è tanto meravigliosa quanto ricca di imprevisti e nodi per tenersi stretta a sé.

Perché una mamma è prima di tutto se stessa e tanto più riuscirà ad avere cura e amore per sé tanto più crescerà figli capaci di farlo a loro volta, che diventeranno adulti sereni e felici.

Non annullatevi mamme, anche se “la società” descrive la buona maternità come l’annullamento totale in favore dei figli, perché i vostri ragazzi hanno bisogno di genitori che si amano, intendo proprio che amano sé stessi, che tengono al proprio essere, che coltivano ancora sogni.

Siate mamme generatrici di amore, che nutrono rispetto per ciò che sono e che sono diventate, che si perdonano,  che non sono troppo severe con se stesse,  che hanno paura di sbagliare ma trovano comunque la forza di rischiare.

Coltivate la vostra maternità di pari passo alle vostre passioni e fate sì che anche questa parte della vostra vita vi arricchisca di emozioni, esperienze ed energie nuove.

Infine vogliatevi bene, come volete alla vostra migliore amica o a vostra sorella, prendetevi cura di voi. Perché il benessere personale è contagioso, lo si impara e lo si trasmette. Siate energia elettrica, fuoco e vita. Come solo una madre sa essere.

 

 

 

WRITTEN BY

 

 

 

 

 

Claudia Nizzoli, laureata in Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università di Parma, laureanda in progettazione e gestione del servizio sociale (Università di Parma), specializzata in mediazione familiare e genitorialità. Da molti anni svolge, nel ruolo di insegnante, diversi laboratori di teatro per scuole e per adulti, collaborando con diverse realtà, tra queste: Solares Fondazione delle Arti, Comune di Parma, Galleria dei Pensieri. Vicepresidentessa dell’associazione “Le Mine Vaganti” che si occupa, attraverso il teatro, di parlare di donne, femminile e violenza di genere. Dal 2008 educatrice in un doposcuola e dal 2023 apre uno studio di consulenza educativa nel quale accoglie genitori, coppie e singoli per colloqui educativi o mediazione familiare.

 

 

 

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