Eleonora Calavalle, il Made in Italy al femminile

Fondatrice di Officina Parfum e Ceo di Pennelli Cinghiale, una donna con lo spirito imprenditoriale nel dna


Eleonora Calavalle e Davide Ghirardi

Tra i negozi e le botteghe di Borgo XX Marzo, in uno dei tipici cortili del centro storico di Parma, si apre un angolo dall’atmosfera unica e raffinata, dove nasi esperti scovano, studiano e custodiscono nuove essenze e fragranze: Officina Parfum, realtà dedicata alla distribuzione di prodotti di nicchia.
Ad accoglierci ci sono Eleonora Calavalle, co-fondatrice insieme a Davide Gherardi di questa impresa dal respiro internazionale, pur con radici profondamente legate al territorio.
Eleonora è una donna dallo spirito imprenditoriale innato, nel DNA la verve creativa del nonno, Commendator Alfredo Boldrini, fondatore della storica azienda Pennelli Cinghiale, che quest’anno celebra 80 anni di attività. Laureata in Economia Aziendale e General Management all’Università Bocconi di Milano, Eleonora è dal 2014 amministratrice delegata dell’azienda di famiglia a Cicognara e dal 2010 di Officina Parfum a Parma.

Ripartiamo da qui: un progetto che unisce passione, visione e una profonda conoscenza del mercato internazionale della profumeria di nicchia.

Eleonora, come è nata Officina Parfum?
“Officina Parfum è nata 15 anni fa da un’idea condivisa con Davide Gherardi. Entrambi provenivamo da una lunga esperienza nella divisione di profumeria artistica di Morris Profumi. È un progetto che rispecchia nostri valori: crediamo in un modo etico e trasparente di fare impresa, costruendo relazioni di fiducia con clienti e fornitori, lavorando sempre in ottica di partnership.”

Cosa si intende esattamente per “profumeria di nicchia”?
“La profumeria di nicchia è un mondo profondamente diverso rispetto a quello della profumeria tradizionale o selettiva. È una profumeria di prestigio, che punta alla qualità. È una forma di ribellione che nasce negli anni ’80 per sovvertire la standardizzazione della profumeria commerciale. Alcune donne visionarie, una a Verona e una a Parma, iniziarono a cercare marchi indipendenti a Londra e Parigi. Così scoprirono maison piccole ma con una qualità straordinaria di essenze e packaging raffinati. Da lì è iniziata una sottile rivoluzione: negozi che scelgono di non piegarsi alle logiche delle multinazionali e puntano sull’unicità. Oggi in Italia esistono circa 200 punti vendita che trattano profumi di nicchia, un mercato molto sviluppato, se pensiamo che la Francia ne ha solo 20.”

Come selezionate i brand da distribuire?
“È la parte più divertente del nostro lavoro! È come fare talent scouting nel mondo della musica o dell’arte. Scommettiamo su marchi emergenti, anche appena nati, cercando di intuire se avranno successo. Prima regola: non basarsi mai solo sul gusto personale, noi non siamo i consumatori. Dobbiamo pensare sempre a cosa vuole il cliente finale. A volte è difficile, ma nel tempo impari a “uscire da te” e valutare con oggettività.”

Ma nel concreto come si fa ad intercettare i trend del momento?
“Attraverso l’analisi dei numeri. Io adoro le statistiche e studio le performance dei circa 20 brand che abbiamo in portafoglio. Negli ultimi anni c’è stata una corsa verso fragranze intensissime, quasi invadenti, con una grande concentrazione, ma allo stesso tempo stiamo notando un ritorno al gusto per la profumeria elegante. Non tutti cercano un profumo “tatuaggio”. L’ascolto dei clienti è fondamentale.”

Il profumo è legato allo stile di vita?
“Sì, certamente. Il consumatore ha molte più attività rispetto al passato, lo sport, l’ufficio, le relazioni sociali serali. Il nostro consiglio è di cambiare profumo, come si cambia l’abito o le scarpe. È un accessorio invisibile ma molto potente nella comunicazione personale. Pensiamo a come ci trucchiamo in modo diverso per andare a scuola o a una cena: perché non fare lo stesso con il profumo?”

Come funziona la rete di distribuzione, vi contattano i produttori?
“Inizialmente eravamo noi a cercarli. Ora, sempre di più veniamo contattati. Se una volta ricevevamo due proposte al mese, oggi riceviamo da due a tre nuovi brand a settimana. Dopo il Covid c’è stata un’esplosione creativa. Inoltre, siamo diventati un punto di riferimento che ha conquistato credibilità e visibilità sul mercato, quindi molti marchi vogliono collaborare con noi. Viaggiamo molto nei luoghi faro della profumeria di nicchia, soprattutto in Europa.”

Tra i brand che distribuite, ce ne sono di storici e di nuovi. Qual è l’ultimo arrivato?
“Uno degli ultimi e più interessanti è 100BON. È un marchio francese fondato da Christophe Bombana, ex direttore marketing di Hermès, Chanel e L’Oréal. Si basa su una filosofia di alta qualità con un’elevata percentuale di materie prime naturali, tra l’80% e il 90%, ed i profumi sono creati da grandi nasi come Jean-Claude e Céline Ellena. Parla a un mercato nuovo, più consapevole, che cerca qualità ma con un posizionamento prezzo competitivo, bilanciato.”

C’è una tendenza a creare essenze naturali?

“È sicuramente un trend importante, ma attenzione: naturale non significa sempre delicato, né sintetico significa nocivo. Come dice un grande profumiere: chiedere di creare un profumo 100% naturale è come chiedere a Calatrava di costruire un ponte con alberi. La sintesi è fondamentale, ed è controllata e testata. Noi distribuiamo anche skincare in linea con questa tendenza, ma l’equilibrio è la chiave.”

E il brand più storico del vostro portfolio?
“Sicuramente Robert Piguet. È con noi da sempre, un brand che Davide Ghirardi segue fin dagli anni ’90. Il primo profumo, Bandit, risale al 1944. Ma il capolavoro è Fracas, lanciato nel ’48, ancora oggi considerato la regina della tuberosa. Robert Piguet fu anche il primo couturier a scegliere una donna come “naso”: Germain Cellier, chimica, pioniera assoluta in un mondo allora dominato dagli uomini.”

Parma è un mercato privilegiato avendo una grande tradizione nella filiera profumiera?
“Parma è da sempre un centro della filiera del profumo. Qui troviamo anche vetrai storici come Bormioli e realtà come Mouillettes & Co, nostro partner per le formazioni di profumeria indipendente. Parma è anche la città dove nacque Opso, il marchio che diede origine all’Acqua di Parma. Abbiamo persino una vetrina-museo con i grandi profumi storici parmigiani, molti dei quali oggi scomparsi, come la Ducale, l’Adam, la Trionfale.

Una domanda personale: qual è il suo profumo del cuore?
“Senza dubbio Fracas di Robert Piguet. È il mio profumo delle grandi occasioni. La sua storia è meravigliosa: quando fu presentato nel 1948, Piguet, che era un couturier, decise dietro le quinte di una sfilata di ungere l’inguine delle modelle con l’estratto di Fracas, diffondendo così questa essenza meravigliosa durante la passerella. Il giorno dopo, le parigine erano in coda fuori dall’atelier. È il capostipite della famiglia olfattiva della tuberosa. Un capolavoro senza tempo.”

Lasciamo Officina Parfum, lei è anche amministratrice delegata di Pennelli Cinghiale, fondata da suo nonno e storica azienda italiana…come si divide tra queste due anime?
“È lì che ho le mie radici, la mia famiglia, il mio cuore. Grazie alla tecnologia, oggi è molto più facile gestire tutto. Abbiamo fatto un grande lavoro di digitalizzazione in entrambe le aziende. Così riesco a colmare le distanze. E poi il viaggio in auto da Parma verso Cicognara è un tempo tutto mio, attraverso la campagna, un momento per riordinare le idee prima di affrontare la giornata.”

Si tratta di mercati completamente diversi…
“Sono due attività con prodotti diversi, ma mi completano come imprenditrice. Avevo bisogno di fare un’esperienza di costruzione dal basso. Questo mi ha dato competenze preziose: oggi, quando entro in Pennelli Cinghiale, che è un’azienda molto più grande e strutturata, mi accorgo di quanto mi abbia aiutata aver creato prima qualcosa da sola. Dal mondo della profumeria ho anche imparato a valorizzare l’heritage: nel settore dei pennelli e delle pitture, spesso la storia viene vista come qualcosa di vecchio. Ma non è così, è un valore.”

È per questo che a Cicognara ha aperto il Museo Pennelli Cinghiale?
“Con la creazione del museo aziendale, ho voluto capitalizzare ciò che mio nonno ha costruito, nella storia della pubblicità, nell’investimento in qualità e tecnologia. Quella storia non poteva restare chiusa a Cicognara: doveva arrivare a tutti.”

Siete stati riconosciuti dal Ministero come marchio storico del Made in Italy e lei è stata di recente selezionata tra le 100 imprenditrici per la mostra “Made in Italy impresa al femminile” a Palazzo Piacentini…

“Sì, ed è stato un momento di grandissimo orgoglio. Entrare nel tempio dell’industria italiana, vedere la gigantografia dei nostri pennelli esposti, mi ha emozionata. Ero tra l’altro anche la più giovane delle 100 imprenditrici in mostra.”

Pennelli Cinghiale ha una forte identità femminile?
“Io, mia madre Catuscia e mia sorella Clio siamo nel board. Ma soprattutto, il 70% delle nostre maestranze è femminile, sia in produzione che negli uffici. Questo ci ha spinte, da donne imprenditrici, a pensare a forme di welfare concrete per le nostre lavoratrici. Abbiamo regalato loro il tempo. Abbiamo modificato l’orario di lavoro, passando da 8-12 / 14-18 a un orario compatto: 8-16. Questo permette a operaie e operai di avere il pomeriggio libero per la famiglia, per loro stessi, per la vita. Non è stato facile: “Il corriere arriva alle 17”, ci dicevano. Ma abbiamo riorganizzato tutto, e ora funziona. Un giorno ho sentito due bambine parlare all’asilo: “Dì a tua mamma di andare a lavorare alla Cinghiale, così può venire a prenderti anche lei”. E lì ho capito che avevamo fatto qualcosa di molto importante.”

Il settore dei pennelli però è ancora molto maschile?
“Non del tutto. L’utilizzatore tradizionale dei pennelli è sempre stato l’uomo. Ma oggi, nel fai-da-te, c’è una presenza femminile in fortissima crescita, soprattutto online. Certo, nell’edilizia la strada è ancora lunga, ma la pittura entra nelle case in tanti modi: dalla cancellata al quadro, e le donne sono sempre più protagoniste.”

Quanto conta la creatività nel vostro lavoro?
“Tanto, fin dagli esordi dell’azienda mio nonno era molto aperto alla creatività. Io amo la contaminazione: mi piace portare idee da altri settori. Penso ai secchi Cinghiale designed by Seletti, gli unici progettati per un riuso creativo, una volta finiti si trasformano in complementi di design per la casa diventando tavolini, vasi, porta oggetti. Abbiamo poi sviluppato idee innovative: una vernice al bicarbonato, con il 95% di ingredienti naturali; una vernice agli ioni d’argento, che sfrutta il potere antibatterico dell’argento, utilizzato nelle vernici delle sale operatorie; una pittura elettrostatica antipolvere, che respinge la polvere dai muri. Tutte innovazioni che nascono da input esterni e che io spingo a realizzare, con il supporto del nostro staff di ricerca.”

Cosa significa oggi essere Made in Italy?
“Il vero Made in Italy è quello di filiera, dove anche i fornitori sono italiani, e l’intero ciclo produttivo rispetta un’etica condivisa. Bisogna essere coerenti: non basta assemblare in Italia se si comprano tutte le materie prime dalla Cina. È difficile, soprattutto in settori “price-oriented” come il nostro. Le offerte dall’estero sono molto competitive. Però noi, come società Benefit, abbiamo scelto di valorizzare il vero Made in Italy. Non mi sono mai pentita. Le nuove generazioni chiedono sempre di più prodotti con valori, etici, trasparenti. E in questo, il Made in Italy è una garanzia”.

 

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Rosaria Frisina, giornalista, web editor e social media manager. Ha alle spalle un’esperienza ventennale nel mondo della comunicazione e dell’informazione, collabora da freelance con testate e agenzie. Ama raccontare storie, la scrittura è la sua passione, l’informazione e la cura dei contenuti l’anima del suo lavoro. 


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